L’ideologia che ispira la politica del renzismo, che definire “vandalico” sarebbe un eufemismo, è riconducibile ad una propensione ad assecondare i “poteri forti” (in primis la Confindustria), ma anche gli umori più viscerali delle fasce retrive e qualunquiste della popolazione italiota.
Tali pulsioni possono riassumersi nella volontà di neutralizzare gli effetti ancora vivi, in termini di progresso ed emancipazione civile e culturale generati dai movimenti politici e sindacali sorti dal biennio 1968/69. Credo che gioverebbe ricordare l’origine anglosassone di alcune teorie oggi in voga in Italia, accolte con ritardo, quando altrove, nei luoghi di origine, sono già in crisi o sono messe in discussione.
Mi viene in mente, ad esempio, lo psicologo americano Benjamin Samuel Bloom, che propose la costruzione di classificazioni gerarchiche degli obiettivi educativi, chiamate “tassonomie”.
I criteri da adottare per costruire tali classificazioni devono essere didattici, logici, psicologici, oggettivi e, soprattutto, articolati secondo complessità crescenti. La tassonomia di Bloom considera tre sfere: cognitiva, affettiva, psicomotoria. Essa fu applicata nel cosiddetto “Mastery Learning”, che si può tradurre in “apprendimento per la maestria”. Si tratta di un modello di azione didattica che mira ad un processo di apprendimento efficace per il più elevato numero di allievi. La procedura prevede il frazionamento e l’ottimizzazione del percorso formativo, per una “democratizzazione” dell’azione educativa. In effetti possono scaturire alcuni vantaggi dalla pratica del “Mastery Learning”, che è una delle metodologie di insegnamento/apprendimento che, in condizioni ancora sperimentali, ha comunque permesso di conseguire livelli di apprendimento ottimali a circa l’80-85% degli allievi , mentre di solito simili traguardi sono conseguiti da un numero esiguo di studenti. Aggiungo altre osservazioni sulla provenienza aziendalista/capitalista del “Mastery Learning”.
Verificando il successo dell’organizzazione aziendale di tipo tayloristico, negli USA si pensò di applicare il modello tayloristico anche alla scuola. Venne enfatizzata l’azione del docente con una concezione di ispirazione comportamentista. Infatti, la teoria del “Mastery Learning” si basa su un’interpretazione di origine comportamentista della didattica. Per trasmettere sapere basta dedicare il tempo necessario alla trasmissione di contenuti, magari anche attraverso ripetizioni continue. Perciò il docente va responsabilizzato e preparato.
In questa visione vengono tuttavia trascurati altri elementi decisivi del processo di insegnamento/apprendimento. In particolare si dimentica la centralità dell’alunno, mentre l’attenzione viene posta sul docente. Se l’allievo non apprende, per la teoria del “Mastery Learning” basta ripetere la spiegazione.
Insomma, l’americanizzazione eccessiva che imperversa oggi nei vari settori dell’economia, della politica e della società italiana, agisce come un virus che infetta e contagia le aree che un tempo parevano immunizzate, come l’ambito scolastico, in cui la tradizione nazionale si attestava su livelli d’eccellenza.
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