Il rapporto Save the Children è allarmante quando racconta che sono 460 le scuole colpite dal fuoco incrociato, nella guerra civile per il controllo dei pozzi di petrolio, e 400mila il numero della dispersione scolastica.
Il quadro del nuovo rapporto di Save the Children, ‘Will I see my children again?’, pubblicato per la quarta Conferenza Internazionale sulla Dichiarazione delle Scuole Sicure, che si terrà da oggi al 27 ottobre per proteggere l’istruzione durante i conflitti armati, è terribile.
Ecco quello che in tre righe un bambino di 8 anni racconta descrivendo un ordinario giorno di scuola nello Yemen: ”Quando siamo a scuola, sentiamo delle esplosioni. Corriamo dentro la scuola e quando finiscono, usciamo di nuovo a giocare. Uno dei miei amici è rimasto ferito in una delle esplosioni”.
In questo paese si combatte, da anni, una guerra civile per il controllo dei pozzi di petrolio e le scuole sono diventate dei rifugi e pure dei bersagli, mentre il 60% dei bambini non è tornato più tra i banchi.
Secondo il rapporto non è solo stando a scuola il “pericolo” ma anche il percorso per arrivarci, perché un bambino su 5 ha raccontato del rischio di perdere la vita lungo il tragitto e poi di violenze e rapimenti. Il 90% va a scuola, ogni giorno a piedi. Negli ultimi cinque anni, più di 460 scuole sono state attaccate, comprese quelle colpite da fuoco incrociato. Più di 2.500 istituti sono stati danneggiati, utilizzati come rifugi per le famiglie sfollate o occupate da gruppi armati. La dispersione scolastica è di 400mila bambini.
”La situazione qui è allarmante, racconta una insegnante. I gruppi armati si muovono in sicurezza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e gli studenti li vedono ogni giorno. In qualsiasi momento, ci aspettiamo che sparino, e spesso accade intorno al cancello in quanto gli uomini armati hanno reso questa scuola un bersaglio militare. Questo mette bambini e ragazzi in grave pericolo. Hanno persino rubato materiali da costruzione. Si studia nella paura studiando nella paura”.
E poi in macerie le scuole, sventrate le classi e i bambini che fanno lezione con il rombo degli aerei da guerra o in tende improvvisate nei campi profughi.
“Chi non torna a scuola è per la paura ma anche perché a scuola, il luogo sicuro, hanno visto morire compagni, amici e insegnanti. Hanno visto volare via pagine di libri e quaderni”.