Lo scorso 9 giugno è stata pubblicata su Netflix la nuova serie animata del fumettista Zerocalcare, nome d’arte di Michele Rech, dal titolo “Questo mondo non mi renderà cattivo”, dopo il successo di “Strappare lungo i bordi”.
Il prodotto, in parte biografico, restituisce uno spaccato della vita dei giovani (più o meno) di oggi, sui 30 o 40 anni, che si affacciano alla vita adulta tra mille difficoltà. Tra i personaggi, insieme ad Armadillo, Secco e lo stesso Zerocalcare c’è Sarah, amica storica di questi ultimi due.
Come si vede nel primo episodio, il personaggio di Sarah è particolare: la ragazza, dopo anni di fallimenti, costretta a fare un lavoro in cui non è apprezzata, è felice in quanto è riuscita a diventare docente, come ha sempre sognato: “A settembre insegno”, dice raggiante in una scena. “Almeno posso andarmene da quel posto di m***a”, aggiunge, facendo riferimento al suo ormai vecchio impiego.
Ancora, però, c’è incertezza nella sua vita: probabilmente si tratta di un impiego precario, una supplenza. “Ancora non è sicurissimo ma almeno ho qualcosa a cui aggrapparmi, uno straccio di speranza”, aggiunge poco dopo. Zerocalcare, nelle scene successive, parla della situazione della ragazza: finalmente avrà un lavoro più o meno stabile, sicuramente migliore di quanto è riuscita ad ottenere finora. Finalmente potrà “svoltare”. Ma non è comunque tutto rose e fiori.
“Esci trionfalmente dal campo dei falliti rancorosi e diventi titolare della squadra di coloro che hanno un senso di colpa, quelli che hanno svoltato da soli. Non ti puoi godere niente, sei uno sciacallo in mezzo alle macerie”, questo quanto dice il personaggio di Zerocalcare riferendosi a Sarah.
Insomma, si vuole dire che chi finalmente, in mezzo a precariato, lavoro sommerso e impieghi sottopagati riesce ad avere un lavoro stabile magari non riesce a godersi il traguardo raggiunto in quanto attorno a sè tutti gli altri non hanno questa “fortuna”.
Il personaggio di Sarah, in ogni caso, consente di fare una riflessione sullo stato d’animo dei giovani docenti, di coloro che si approcciano alla professione: si tratta di vera passione o in molti casi (non in questo) è un ripiego, un modo per uscire da una serie di fallimenti e per realizzarsi attraverso una certa indipendenza economica? Nonostante gli stipendi dei docenti restino comunque bassi il loro lavoro riesce comunque ad essere attrattivo per persone che non riescono a trovare altro? C’è ancora chi ha la passione per l’insegnamento?
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