Ha destato diverse contrarietà la conferma che da lunedì 15 marzo nelle 10 Regioni rosse e con la DaD introdotta al 100%, gli alunni disabili potranno comunque recarsi scuola. Come pure i loro docenti curricolari. A fare più di qualche appunto all’amministrazione sono stati alcuni sindacati e diversi insegnanti.
L’Anp ricorda che “un nuovo severo scenario emergenziale disegnato dall’ultimo DPCM impone il ricorso allo smart working e alla minimizzazione delle presenze del personale nei luoghi di lavoro in modo ancora più stringente che in passato”.
Questo significa che le indicazioni contenute nella Nota operativa del Ministero n. 662 del ministero dell’Istruzione “potrebbero collidere con l’esigenza, richiamata nella nota, che tende di fatto a replicare le dinamiche operative ordinarie della scuola in presenza”.
Inoltre, prosegue il sindacato dei dirigenti, “la determinazione e la strutturazione dei gruppi vengono demandati all’autonomia scolastica, ancora una volta chiamata a perimetrare materie attinenti alla salute collettiva e perciò esulanti dalle sue competenze”.
Anp propone quindi ai presidi di adottare un iter procedurale per “l’individuazione degli alunni DVA e BES, ai quali va comunque garantita la frequenza delle attività didattiche in presenza”, da attuare “in coerenza con i PEI e i PDP, avvalendosi anche del Piano per la DDI al cui interno è stato valutato e predisposto a monte il quadro operativo per detti alunni”.
Inoltre, il sindacato, ricorda che è “il dirigente scolastico, con i consigli di classe” a “definire la consistenza dei gruppi di relazione intorno ad ogni studente DVA e BES e la loro rotazione temporale”.
Fermo restando che “la concreta articolazione dei gruppi di relazione è ovviamente subordinata alla volontà delle famiglie”, sempre “sulla base dei numeri effettivi, il dirigente scolastico organizza la didattica in presenza tenendo conto del monte ore stabilito nel Piano della DDI rispetto alle attività in sincrono e coinvolgendo l’ente locale perché garantisca l’erogazione dei servizi di trasporto e mensa”.
Ne consegue che “il dirigente scolastico comunica all’Ambito territoriale competente il numero di studenti e personale in presenza “per effetto dell’applicazione della nota MI n. 662/2021” affinché lo condivida con il Tavolo prefettizio di cui all’art. 21 del DPCM del 2 marzo 2021, considerato che l’applicazione della nota avrà sicuramente effetto sulla mobilità territoriale”.
“Si tratta di operazioni che richiedono tempo – conclude il presidente Anp, Antonello Giannelli- adeguata ponderazione e assunzione di responsabilità su più livelli in considerazione della delicatezza della questione che investe da un lato l’inclusione, dall’altro la salute collettiva. Riteniamo non ulteriormente procrastinabile – e di questo intendiamo discutere quanto prima con il Ministro Bianchi – la precisa definizione del perimetro di competenza dell’autonomia scolastica in merito all’adozione e alla gestione di misure volte a tutelare la salute collettiva piuttosto che il diritto all’istruzione”.
La decisione del ministero dell’Istruzione di permettere la didattica in presenza a disabili e Bes, con l’inevitabile presenza a scuola dei loro docenti, è stata accolta con freddezza anche da diversi lavoratori della scuola.
In tanti ritengono che se la zona rossa impone di uscire solo per cause di forza maggiore, allora che senso ha avviare la didattica in presenza per favorire l’inclusione degli alunni disabili?
“Se esiste il virus, che senso ha riempire le scuole con i bidelli, i docenti e 6-7 alunni per classe? Siamo chiusi in casa per paura del virus e invece a scuola ci sono comunque centinaia di persone”, scrive polemicamente un lettore.
Un altro lettore ne fa una questione di principio e di corenza: “La ratio della zona rossa è quella di proteggere la salute dei cittadini? Perché si devono esporre degli alunni e i loro insegnanti ad un pericolo così alto?”.
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